Basta con la speculazione delle banche sulle materie prime alimentari

La finanza basata sui mercati delle commodities agricole specula sulla fame dei ceti meno abbienti. È quanto emerge con chiarezza in un recente rapporto di Oxfam France, non il primo ma forse il più efficace dei report in materia, visto che i primi gruppi bancari europei iniziano a ritirarsi dagli affari sporchi.

Negli ultimi dieci anni si é innescato un pericoloso sistema di scommesse sull’andamento dei listini delle derrate agricole di base. Questa crescita esponenziale del mercato finanziario non corrisponde però alla realtà degli scambi il cui incremento é per lo più lineare essendo collegato all’andamento demografico e dei consumi nei paesi emergenti.

Così, se su un bushel di grano (1) gravitano capitali fittizi sino a 80 volte il suo prezzo (2), basta una pur modesta diminuzione dei raccolti, a causa di alluvioni o siccità o incendi, per fare volare i prezzi delle materie prime.

Molte banche in ogni continente – con rare eccezioni, come quelle cinesi – continuano a scommettere sul cibo che c’è o che manca. Alcune lo fanno direttamente, altre mediante titoli d’investimento. Rosso o nero, rien ne va plus. L’unico piatto che piange è quello dei diseredati, ovunque nel pianeta. Quando il listino fibrilla, c’è solo la fame per quel miliardo e mezzo di esseri umani che vive con meno di due dollari al giorno.

Alcuni istituti bancari cominciano a cambiare filosofia, preso atto della crescente attenzione di cittadini-correntisti-investitori su questi temi.

  • In Francia, BNP Paribas, il primo gestore di fondi d’investimento basati sulle commodities agricole, ha di recente sospeso uno di questi fondi del valore di 214 milioni di dollari. Crédit Agricole ne ha chiusi tre.
  • In Germania, Landesbank Berlin, Landesbank Baden-Württemberg e Commerzbank e in Austria Österreichische Volksbanken hanno abbattuto gli investimenti nel settore, a seguito della campagna attivata da Oxfam Germany lo scorso anno.
  • Nel Regno Unito, Barclays ha a sua volta dichiarato l’intento di cessare il trading di soft commodities, riconoscendo tale attività “non compatibile con i propri obiettivi”.

Altri istituti bancari però continuano ad adottare politiche finanziarie molto disinvolte. Deutsche Bank e Allianz, i più grossi commodity traders governati dalla signora Merkel, si giustificano affermando che le speculazioni non c’entrano, e che la volatilità dei prezzi dipenderebbe solo da altri fattori (3). Provano a “buttarla in caciara”, come si direbbe a Trastevere, e mantengono l’omertà sul livello dei loro investimenti e delle speculazioni sulle derrate agricole primarie.

A livello europeo, i fondi basati sulle materie prime alimentari sono almeno 66, per un valore complessivo di circa 3,6 miliardi di euro, e la loro volatilità varia dal 22 al 24%, secondo gli analisti di Morningstar (4).

Oxfam però non molla la presa e continua nella sua campagna di informazione. In Belgio ad esempio l’Ong ha avviato un’iniziativa per mettere a nudo l’esposizione di KBC Bank e Dexia sulle commodities agricole. Entro giugno saranno pubblicati due rapporti, il primo sui meriti degli investimenti socialmente responsabili, il secondo sul ruolo delle banche francesi nel finanziare l’industria dei biocarburanti.

E le nostre banche? E le società italiane di gestione del risparmio? Alla prossima puntata.


Note:

(1) Il bushel è un’unità di misura per i cereali

(2) Vale a dire che è stato comprato e rivenduto 80 volte, virtualmente, attraverso lo scambio di titoli la cui relazione sottostante é appunto la vendita di quel bushel.

(3) È pur vero, come si è accennato, che diversi fattori – come gli eventi atmosferici ma anche le politiche sui dazi e i bandi alle esportazioni – contribuiscono agli squilibri tra domanda e offerta. Ed è vero che l’assenza di politiche sulle scorte impedisce di calmierare tali squilibri, i quali perciò si riflettono sui prezzi. Ma l’effetto-volano che fa volare i prezzi alle stelle è proprio quello innescato dai fondi di investimento che – in uno scenario di alta volatilità – hanno trovato il pane per i loro denti. Solo per i loro purtroppo

(4) A ben vedere alcuni strumenti finanziari in agricoltura avevano, in origine, un significato non meramente speculativo. I cosiddetti “futures” potevano di fatto assicurare i diversi operatori (agricoltori da un lato, mangimisti, molini, industrie dall’altro) rispetto ai rischi di sbalzi dei listini al di sopra o al di sotto di determinate soglie. Ma la completa de-regolazione ha favorito la proliferazione di strumenti complessi, sempre più lontani dal mercato reale e difficili da verificare (quanto a funzionamento e garanzie)

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