Palma da olio: le piantagioni maledette del Congo orientale

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Palme da olio Foto: @Aul Rah
Osservatorio Diritti | 17 settembre 2018

Palma da olio: le piantagioni maledette del Congo orientale

di Marta Gatti 

Guardiani delle piantagioni di palma da olio che tormentano la popolazione, salari bassi e contratti fantasma: ecco la denuncia dei leader comunitari raccolta dalle ong nella Repubblica Democratica del Congo. Sotto accusa la compagnia canadese Feronia e l'aiuto allo sviluppo, che sostiene la coltivazione della pianta in vaste aree
 
Rabbia e malcontento. È il clima che si respira tra i leader delle comunità congolesi, ai margini delle piantagioni di palma da olio della compagnia canadese Feronia. A raccontarlo sono le ong in visita sul campo.
 
Le tre piantagioni di palma da olio della società canadese occupano più di 100.000 ettari e si trovano nelle regioni dell’Equatore e del Congo Orientale. La loro vicenda attraversa tutta la storia recente della Repubblica Democratica del Congo. Assegnate al britannico William Lever già in epoca coloniale, sono rimaste in uno stato di semi abbandono durante le due guerre del Congo, quando erano gestite dalla multinazionale anglo-olandese Unilever. Infine sono state assegnate alla compagnia Feronia nel 2009, con un contratto rinnovabile di 25 anni.
 
La compagnia canadese ha una struttura molto complessa. Fin troppo, secondo la rete di ong europee e congolesi che nel 2016 hanno analizzato le sue caratteristiche in un rapporto. La società è detenuta in maggioranza dal Cdc Group, un organismo pubblico britannico, ed è finanziata da banche di sviluppo europee, americane e dalla Banca Africana per lo Sviluppo. I soldi provengono, quindi, dalle istituzioni di molti paesi europei: Francia, Germania, Belgio, Gran Bretagna, Olanda e Svizzera.
 
Le terre contese per la coltivazione di palma da olio
 
Si tratta di terre concesse illegalmente, secondo la popolazione locale che ne rivendica la gestione, perché di proprietà dello stato congolese. Stéphane Desgain, ricercatore per il coordinamento Cncd (Centro nazionale per la cooperazione allo sviluppo), che riunisce numerose ong belghe, è stato sul posto a metà luglio. Ha incontrato alcuni rappresentanti delle comunità locali nell’area di Lokutu, dove si trovano le concessioni più ampie di Feronia.
 
«La popolazione è assolutamente insoddisfatta delle relazioni con la compagnia, degli accordi presi e del programma degli investimenti. Le critiche sono a tutti i livelli», sottolinea il ricercatore del Cncd.
 
Le molestie delle guardie private
 
Al centro delle ultime contestazioni c’è l’operato delle guardie, che si occupano della sicurezza delle piantagioni. A giugno la rete di informazione e d’appoggio alle ong nazionali (Riao-Rdc) ha denunciato molestie, minacce nei confronti della popolazione e violazioni dei diritti umani. Feronia ha appaltato la sicurezza alla società privata “Tanganyika”, in sostituzione delle guardie industriali che operavano in precedenza. La nuova società ha assunto personale proveniente da altre regioni, per evitare forme di solidarietà con i residenti.
 
Feronia sostiene, dal suo punto di vista, la necessità di tenere sotto controllo le piantagioni e di combattere i furti dei frutti della palma. A generare il conflitto con la compagnia, secondo Stéphane Desgain, è la mancanza di un negozio per la vendita locale di olio di palma.
 
A questo si aggiunge la rabbia generalizzata della popolazione, che non vede vantaggi dalla presenza della piantagione, solo limitazioni. Le guardie di Feronia, infatti, impediscono ogni forma di trasformazione artigianale del frutto della palma e «danno la caccia a tutti coloro che ne possiedono», raccontano i leader comunitari interpellati.
 
Se è vero che si sono verificati furti all’interno della piantagione, è altrettanto vero che «i frutti provengono anche dalla foresta», come evidenzia il ricercatore. La popolazione viene, di fatto, privata della possibilità di comprare l’olio e di trasformarlo localmente.
 
Arresti arbitrari per chi ha frutti della palma da olio
I leader comunitari raccontano anche di arresti arbitrari da parte delle guardie della compagnia. Lo scorso aprile l’ong locale Riao-Rdc denunciò l’arresto di un minatore in possesso di alcuni frutti della palma nei pressi di una delle piantagioni della società. L’uomo sarebbe stato picchiato dalle guardie e portato in una vicina prigione.
 
Produzione, estrazione e vendita: salari bassi e personale da fuori
Una delle rivendicazioni più sentite dai testimoni incontrati dal Cncd, durante la visita sul terreno, è l’assenza di personale locale tra i quadri dell’azienda. «Si tratta di una pratica che arriva dall’epoca coloniale e si ritrova in molte aziende», spiega Stéphane Desgain. Che aggiunge:
 
«In questo modo l’azienda controlla meglio il personale ed evita che si generi solidarietà interna».
 
Secondo i leader comunitari interpellati, inoltre, i salari non sarebbero sufficienti al benessere delle famiglie.
 
Un rapporto sull’olio di palma pubblicato nel 2016 da una rete di organizzazioni internazionali e congolesi confermava la necessità di aumentare i salari sia per i lavoratori assunti che per quelli giornalieri. Le ultime buste paga recuperate dalle ong, però, sembrano essere in linea con la media salariale congolese.
 
«In molti casi i lavoratori devono tornare a casa a piedi dopo ore di lavoro perché i camion che li accompagnano al mattino e non li prelevano in serata», racconta il ricercatore. I capi tradizionali denunciano anche la mancanza di contratti e l’utilizzo del lavoro giornaliero anche per lunghi periodi.
 
Palma da olio: pochi investimenti nei villaggi
 
Gli investitori internazionali che finanziano il progetto, riporta Stéphane Desgain, sostengono che ci sia stato un miglioramento nelle relazioni con la popolazione e nelle condizioni di vita, grazie alla presenza di Feronia. Ma dall’osservazione sul campo emergono ancora grosse difficoltà, anche a livello di infrastrutture.
 
La compagnia sul suo sito internet ha riportato i dettagli della realizzazione di strade, di ambulatori medici e di scuole. I capi tradizionali incontrati dal Cncd parlano invece di ritardi nella costruzione, di cambi del progetto in corsa e di materiali al risparmio.
 
«La mancanza di infrastrutture è la prima fonte di insoddisfazione della popolazione. Nella zona di Lokutu l’unica struttura realizzata dal momento dell’insediamento della compagnia sono le fondamenta di un presidio sanitario», sottolinea il ricercatore.
 
Pianta di palma da olio ostacolo per agricoltura locale
 
L’impatto delle operazioni della compagnia non è uguale in tutte le comunità. Alcuni villaggi si sono ritrovati circondati dalle piantagioni, altri confinano con le proprietà di Feronia.
 
Già nel rapporto del 2016 emergeva la rivendicazione delle terre da parte delle comunità nei pressi delle piantagioni. I leader locali lamentano la limitazione nell’accesso alla terra per l’agricoltura di sussistenza e nell’accesso alla foresta come fonte di cibo.
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