Italia - Crisi finanziaria e dismissioni terreni pubblici: il senso di un inganno

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Centro Internazionale Crocevia | 2.2.2012

Crisi finanziaria e dismissioni terreni pubblici, il senso di un inganno

In Italia il processo di concentrazione delle terre ha ripreso vigore: l’1% delle aziende controlla il 30% delle terre agricole. Circa 22.000 aziende, con una taglia superiore ai 100 ettari, si spartiscono oltre 6,5 milioni di ettari di superficie agricola, e negli ultimi 10 anni c’è un crollo del numero delle aziende con una taglia sotto i 20 ettari. L’agricoltura familiare, quella con una taglia inferiore ai 20 ettari che è il cuore dell’agricoltura italiana, viene decimata.

Sono i dati analizzati dall’ong CROCEVIA, da oltre 50 impegnata nella difesa dell’agricoltura contadina, che lancia il rapporto ‘Terra e agricoltura. Il caso italiano - Land grabbing: case studies in Italy’. A partire dal Censimento agricolo del 2010 prende in esame i processi di concentrazione, controllo, integrazione, espropriazione delle terre. Sottolineando i limiti delle politiche pubbliche e l’erosione della capacità produttiva agricola. E’ di fronte a questa fotografia dell’agricoltura italiana che bisogna analizzare le norme relative alla dismissione dei terreni agricoli demaniali varate dal Governo Monti.

‘La nuova versione del pacchetto agroalimentare è migliorata rispetto a dicembre scorso, ma non affronta i nodi cruciali della crisi della agricoltura italiana’ spiega Antonio Onorati, presidente Crocevia ‘non ci sono misure contro la concentrazione e a favore delle piccole aziende, che per poter resistere e sopravvivere alla crisi devono poter allargare la superficie coltivabile. Non serve vendere la terra, bisogna facilitare l'accesso alle risorse’.

Come si legge nello studio, infatti, l’accesso alla terra attraverso il mercato fondiario non solo non favorisce l’ingresso dei giovani in agricoltura ma – considerando che di fatto quasi tutta la terra agricola è vicina ad insediamenti urbani – finisce per favorire la speculazione edilizia e il radicamento nell’economia legale di capitali di origine illegale o, comunque, non d’origine agricola.

Finora con le politiche agricole italiane e con la PAC europea è stata favorita l’agricoltura industriale di grande taglia intensiva in capitali, le piccole aziende familiari che hanno resistito nonostante tutto invece sono intensive in lavoro, spiega ancora Onorati, ‘A differenza di qualunque altro settore produttivo, in agricoltura la qualità dei prodotti è direttamente legata alla qualità e alla quantità del lavoro umano impiegato e solo le piccole aziende agricole hanno la capacità di proteggere e mantenere la produzione delle eccellenze Made in Italy’. Per riprendere la via dello sviluppo e dell’occupazione, come il Presidente del Consiglio continua a ripetere, sottolinea il presidente di Crocevia ‘ si dovrebbe contare sulle aziende medie piccole e piccolissime – che sono un milione e costituiscono il cuore produttivo del cibo in Italia - sono loro che potrebbero reagire più rapidamente alla crisi se appoggiate con misure strutturali e legislative, che non comportano maggiore spesa per lo Stato. Ad esempio, favorire l'affitto agrario a un equo canone, dare priorità ai giovani e alle donne, e all’agricoltura familiare di piccola taglia, al di sotto di 30 ettari’.

Centrale nello studio ‘Terra e agricoltura. Il caso italiano’ è l’analisi del sequestro del diritto a produrre: la concentrazione delle terre e del diritto a produrre attraverso il suo sequestro è stato il risultato di politiche e non di una ineluttabile decadenza del settore agricolo. L’Italia, una delle 2 grandi agricolture europee, è oggi ostaggio delle proteste dei camionisti grazie alla innaturale concentrazione solo in alcune regioni di produzioni agricole come latte, carne, frutta e verdura. Fino agli anni 80 queste erano ancora largamente decentralizzate su tutto il paese e distribuite localmente, oggi la dipendenza dal trasporto sulle lunghe distanza testimonia il fallimento della concentrazione del diritto a produrre necessario all’industrializzazione dell’agricoltura.

Garantire un accesso facilitato all’uso della terra per i contadini e proteggerne prioritariamente l’uso che questi ne fanno. Di questo abbiamo bisogno anche per dare un contributo alle crisi che attanagliano il paese, quella economica, quella finanziaria e quella ecologica. Le aziende che sono scomparse non possono rinascere e la sofferenza di quei fallimenti non sarà compensata, ma almeno si può immaginare di consolidare le piccole aziende contadini e di crearne delle nuove per fermare il processo di desertificazione agraria che ai più sembra ormai inarrestabile. Sono queste le stesse preoccupazioni oggetto della campagna La Terra a chi la lavora! promossa da Crocevia insieme a Terra Nuova e con le organizzazioni contadine dei paesi del sud del mondo.

Scarica "Terra e Agricoltura. Il caso italiano."
 

    Posted by: antonio onorati
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